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Lavoro nero e partita iva: il Tribunale di Bergamo accoglie il ricorso

Il Tribunale di Bergamo, in data 6 ottobre 2016, ha accolto il ricorso di un lavoratore del settore del terziario il quale aveva prestato servizio in favore del proprio datore, dapprima, in nero e, successivamente, in forza di una (falsa) partita iva ed – a seguito di un’operazione poco trasparente tra il vecchio ed il nuovo datore di lavoro – era rimasto senza lavoro.

In virtù della mancata formalizzazione del rapporto di lavoro, infatti, il lavoratore non veniva inserito nel novero dei dipendenti destinatari del provvedimento di passaggio diretto e senza soluzione di continuità ex art 2112 c.c. disposto dalla società cedente a quella cessionaria.

In tal modo il lavoratore – come ogni giorno – si presentava presso il punto vendita per prestare servizio ma, quella mattina, trovava un nuovo datore di lavoro, la società cessionaria.

La nuova società, naturalmente, non era nemmeno a conoscenza dell’esistenza di quel lavoratore e, di conseguenza, non ha voluto assumerlo direttamente, ma lo ha mantenuto in servizio – con le medesime mansioni – per il tramite di una cooperativa in virtù di un contratto a termine della durata di un mese

Scaduto il contratto a termine la cooperativa non lo rinnovava ed il lavoratore veniva lasciato a casa.

Dall’analisi della posizione lavorativa, tuttavia, è emerso che le modalità attraverso le quali veniva prestata l’attività siano sempre state riconducibili ad un ordinario rapporto di lavoro di natura subordinata.

Il lavoratore, pertanto, conveniva in giudizio le due società per sentire accertare e dichiarare l’esistenza di un ordinario rapporto di lavoro subordinato ab origine, con inquadramento nel livello del CCNL Terziario compatibile con le mansioni svolte.

A seguito di un’accurata ed approfondita istruttoria il Giudice del Lavoro ha accertato che tra il lavoratore e la precedente società datrice era intercorso un rapporto di natura subordinata, con la conseguenza che lo stesso aveva maturato il diritto ad essere assunto dal nuovo datore di lavoro, la società cessionaria, con il corretto inquadramento contrattuale.

Il Giudice, accogliendo il ricorso, oltre a costituire un rapporto di lavoro di natura subordinata con la società cessionaria, ha condannato le due società in solido al pagamento nei confronti del lavoratore di una grossa somma di denaro, comprensiva delle differenze retributive maturate e delle mensilità retributive non corrisposte decorrenti dal giorno in cui il lavoratore avrebbe dovuto passare alle dipendenze del nuovo datore di lavoro, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

Anche in tal caso DirittiLavoro ha garantito la tutela dei diritti del lavoratore.

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