Una sentenza della Corte di appello di Bologna (11 febbraio 2019) così afferma: il riconoscimento in concreto di un rapporto di agenzia ovvero di un rapporto di procacciamento di affari, ricollegandosi alla diversa stabilità dell’incarico di promozione di affari, comporta un diverso atteggiarsi dei fatti costitutivi dell’una ovvero dell’altra fattispecie, sebbene al rapporto di procacciamento di affari possano applicarsi in via analogica alcune disposizioni relative al contratto di agenzia (come quelle relative alle provvigioni) che non presuppongono un carattere stabile e predeterminato del rapporto, con esclusione, dunque, di quelle relative all’indennità di mancato preavviso, all’indennità suppletiva di clientela e all’indennità di cessazione del rapporto”.
In sostanza, quindi, nel definire i due istituti la Corte di appello traccia le differenze tra contratto di agenzia e procacciamento di affari, sulla base della diversa stabilità dei due contratti.
Quindi al contratto di procacciamento di affare possono certamente essere estese in via analogica alcune disposizioni tipiche dell’agenza, ma non quelle ontologicamente connesse alla stabilità dell’incarico.
La sentenza in questione si allinea alla giurisprudenza di Milano, che così ha affermato: “l’attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all’imprenditore da cui ha ricevuto l’incarico, può essere qualificata come procacciamento di affari” con la conseguenza che a detto rapporto “possono applicarsi in via analogica solo le disposizioni relative alle provvigioni” che non presuppongono un carattere stabile e predeterminato del rapporto e non anche quelle di legge o di contratto che lo presuppongono.