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Diritto di aspettativa per il ricercatore a tempo determinato (RTD)

Il diritto dei RTD (ricercatori a tempo determinato) al collocamento in aspettativa ex art. 24, c. 9bis L. 240/2010
A seguito delle riforme introdotte con l’art. 1, comma 14°, L. 4 novembre 2005, n. 230 (c.d. Legge Moratti) e con l’art. 24 L. 30 dicembre 2010, n. 240 (c.d. Legge Gelmini), il Ricercatore universitario non è più una figura di ruolo a tempo indeterminato, essendo stato sostituito dalla figura del Ricercatore a tempo determinato (di seguito anche RTD).
L’art. 24, come emendato dal D.L. n. 5 del 9.02.2012, poi convertito in L. n. 35 del 4.04.2012, recita:
“1. Nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, al fine di svolgere attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, le università possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato. Il contratto stabilisce, sulla base dei regolamenti di ateneo, le modalità di svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti nonchè delle attività di ricerca. (…)
9-bis. Per tutto il periodo di durata dei contratti di cui al presente articolo, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati, senza assegni ne’ contribuzioni previdenziali, in aspettativa ovvero in posizione di fuori ruolo nei casi in cui tale posizione sia prevista dagli ordinamenti di appartenenza.”
Ai sensi dell’art. 24, comma 9° bis, L. n. 240/2010, è quindi previsto che, per tutto il periodo di durata dei contratti RTD, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche siano di diritto collocati, senza assegni né contribuzioni previdenziali, in aspettativa.
Dalla interpretazione letterale della norma si evince che trattasi di un automatismo giuridico che non è subordinato ad una espressa richiesta ovvero a specifica autorizzazione dell’Amministrazione.
In questo senso si è espressa la corte di appello di Milano, con la sentenza n. 1978/18, del 4 febbraio 2019 (la controversia è stata seguita da questo Studio), che ha affermato, anzitutto, che non è necessario come l’aspettativa si prevista dagli ordinamenti di appartenenza.
In secondo luogo, la Corte di Appello di Milano ha anche confermato che non è necessaria alcuna autorizzazione da parte dell’amministrazione al collocamento in aspettativa dell’RTD (Ricercatore a tempo determinato). Secondo la corte “tale regolamentazione diversificata si spiega considerando la scelta legislativa di precarietà che connota il rapporto di lavoro del ricercatore universitario, e che scoraggia l’abbandono di una posizione lavorativa stabile per chi vuole intraprendere l’attività di ricerca”.

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