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Divieto di licenziamento: decreto agosto

Il divieto di licenziamento nel decreto agosto (d.l. 14 agosto 2020, n. 104) pone dei limiti al recesso ma non assoluti. La norma in questione, infatti, prevede al primo comma che «ai datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 di cui all’articolo 1 ovvero dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali di cui all’articolo 3 del presente decreto resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 e restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto».

La norma quindi è complessa e poco chiara, e ha dato origine a due diverse letture relativamente al divieto di licenziamento nel decreto agosto (per un articolo sul diritto alla Naspi nei casi di licenziamento ai tempi del coronavirus clicca qui).

Vi è chi ha ritenuto che il blocco dei licenziamenti debba intendersi generalizzato nei confronti di tutti i datori di lavoro tout court fino al 31 dicembre 2020. Vi è chi sostiene che il divieto di licenziamento sia connesso esclusivamente all’utilizzo degli ammortizzatori sociali speciali previsti per il periodo emergenziale o, in alternativa, ricorrendone le stesse condizioni di accesso, all’esonero contributivo, ritenendo non possibile ricavare dall’interpretazione letterale e sistematica della disciplina in questione l’imposizione di un divieto generalizzato e, quindi, una sua proroga rispetto al passato.

Occorre ricordare che, in precedenza, il Decreto-Legge n. 18/2020, convertito dalla Legge n. 27/2020, (Decreto Cura Italia), nell’ottica di implementare, tra l’altro, «misure … di sostegno economico per … lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19», aveva previsto espressamente ed incondizionatamente all’articolo 46 il blocco generalizzato dei licenziamenti a decorrere dal 17 marzo 2020, per un periodo di 60 giorni, poi prorogato per cinque mesi complessivi con il D.L. n. 34/2020 (Decreto Rilancio), convertito dalla Legge n. 77/2020.

A fronte di tale divieto, la cui durata è stata prevista dal 17 marzo al 17 agosto 2020, il Legislatore ha adottato una serie di misure volte fronteggiare – da un lato – le conseguenze dell’emergenza epidemiologica Covid-19, che aveva determinato l’imposizione del lockdown e – dall’altro – a ridurre l’impatto sociale della crisi emergenziale sui livelli occupazionali.
Tali misure di sostegno si sono sostanziate nella possibilità di ricorso da parte dei datori di lavoro agli ammortizzatori speciali quali, nello specifico, il trattamento ordinario di integrazione salariale o l’accesso all’assegno ordinario (FIS) con causale «emergenza COVID-19» (art. 19) nonché la cassa integrazione salariale in deroga (art. 22), sempre per la medesima causale.
Il periodo massimo di utilizzo di tali ammortizzatori sociali è stato previsto per complessive 18 settimane nell’arco temporale compreso tra il 23 febbraio ed il 31 agosto.

Al fine di dare conto della corretta interpretazione dell’art. 14, occorre preliminarmente riferire brevemente circa le misure straordinarie di sostegno introdotte recentemente.
Con il Decreto Agosto il Legislatore prosegue nel mettere in campo ulteriori ammortizzatori speciali per un periodo massimo di diciotto settimane fruibili nell’arco temporale compreso tra il 13 luglio ed il 31 dicembre 2020 (art. 1), prevedendo che «i datori di lavoro che, nell’anno 2020, sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica COVID-19, possono presentare domanda di concessione dei trattamenti di cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario e cassa integrazione in deroga (…)». Le prime nove settimane sono gratuite. Per le ulteriori nove settimane non è previsto il pagamento del contributo addizionale soltanto per quei datori di lavoro che hanno subìto una riduzione del fatturato pari o superiore al 20%, sulla base del «raffronto tra il fatturato aziendale del primo semestre del 2020 e quello del corrispondente semestre del 2019».
Quale alternativa al ricorso alle integrazioni salariali speciali (ed è forse per questo che si parla di divieto di licenziamento nel decreto agosto), il Legislatore ha introdotto «in via eccezionale, al fine di fronteggiare l’emergenza COVID-19» lo strumento dell’«esonero dal versamento dei contributi previdenziali».
Tale beneficio, che presenta le medesime condizioni di accesso, è alternativo ai trattamenti di integrazione salariale di cui all’art. 1 del D.L. 104/2020, ed «è riconosciuto» solo se l’imprenditore abbia già fruito nei mesi di maggio e giugno 2020 dei trattamenti di integrazione salariali speciali di cui al D.L. 18/2020, come convertito dalla Legge n. 27/2020. L’esonero può essere beneficiato per un massimo di quattro mesi, fruibili entro il 31 dicembre 2020, «nei limiti del doppio delle ore di integrazione salariale già fruite nei predetti mesi di maggio e giugno 2020».
Ove l’imprenditore fruisca dell’esonero contributivo, trova anche qui espressa applicazione il divieto di licenziamento previsto dall’art. 14, pena la revoca dell’esonero e l’impossibilità di chiedere l’accesso alle integrazioni salariali di cui all’art. 1.

A nostro pare la corretta lettura è quella che il decreto agosto vieta i licenziamenti non fino al 31 dicembre ma solo fin tanto che il datore di lavoro ha a propria disposizione settimane di cassa integrazione o, nel caso in cui non le chieda, abbia fruito del beneficio contributivo.

Le due opzioni (integrazioni salariali ed esonero contributivo) sono tra loro alternative e, pertanto, il datore di lavoro dovrà fare.

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