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Licenziamento del lavoratore in prova

Quello del licenziamento in periodo di prova è senza dubbio un argomento di estrema importanza che va esaminato e trattato dettagliatamente.
Il periodo in cui il lavoratore è messo in prova permette al datore di lavoro di verificare le abilità del dipendente e, in mancanza di queste, l’art. 2096 c.c. sancisce la possibilità di “recedere dal contratto, senza obbligo di preavviso o d’indennità”. Qualora, però, le parti abbiano stabilito una durata minima garantita del periodo di prova, “la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine”.

Nel caso in cui, terminato il periodo di prova, il datore di lavoro non comunichi al dipendente né il licenziamento né l’assunzione, il lavoratore va considerato stabilizzato a tutti gli effetti.
Il licenziamento in periodo di prova non necessariamente deve avvenire per iscritto, bensì anche verbalmente; la comunicazione del licenziamento per iscritto diventa obbligatoria soltanto dal momento in cui l’assunzione del dipendente diviene definitiva.

Poiché, nel corso del periodo di prova, le prestazioni delle parti sono uguali a quelle del normale rapporto lavorativo, anche la retribuzione del dipendente in prova è identica a quella del lavoratore definitivamente assunto. Nell’ipotesi in cui intervenga il licenziamento, al lavoratore andrà retribuito tutto il periodo effettivamente svolto senza alcun risarcimento.
Inoltre, se il licenziamento in prova è causato da un motivo illecito oppure da un motivo estraneo al rapporto lavorativo, lo stesso è da ritenersi nullo.
A tal proposito, è doveroso annoverare la sentenza della Suprema Corte di Cassazione (Cass., sent. n. 402 del 17/1/98), con cui il Tribunale Supremo ha inteso estendere l’ambito del controllo da parte del giudice sul licenziamento intimato dal datore di lavoro durante il periodo in prova.

Più nello specifico, la Cassazione ha escluso la legittimità del licenziamento inflitto per una ragione estranea al rapporto lavorativo. In altri termini, il dipendente non è più obbligato a dimostrare che il licenziamento sia fondato su un motivo illecito, essendo, al contrario, sufficiente provare che il motivo del recesso, sebbene non illecito, è estraneo al rapporto lavorativo; a questo punto, il giudice, qualora ritenga non giustificato il motivo del licenziamento, deve dichiararne l’illegittimità dello stesso.
Poi ancora, sempre la Suprema Corte, con la sentenza n. 21711 del 6 settembre 2018, ha stabilito che, durante il periodo di prova, è illegittimo il licenziamento se al dipendente non viene prima fornita la formazione minima e se lo stesso non viene messo nelle condizioni di poter esprimere le proprie capacità professionali.
Infine, qualora, durante il periodo in prova, il lavoratore subisca un licenziamento illegittimo, quest’ultimo non ha diritto all’assunzione automatica, potendo esclusivamente richiedere di concludere il periodo di prova oppure ottenere il risarcimento del danno.

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