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Licenziamento Ingiusto: L’Avvocato del Lavoro spiega Come Difendersi

Nel caso in cui un lavoratore dipendente ritenga di aver subito un ingiusto licenziamento deve rivolgersi ad un’Avvocato del Lavoro per esercitare il diritto al ricorso e veder riconosciute le proprie ragioni.

La prima fase viene svolta davanti ad una commissione di conciliazione presso la direzione provinciale del lavoro a cui il licenziamento deve comunque essere comunicato in breve tempo dal datore di lavoro. In tale fase il lavoratore può farsi assistere da un legale, essa è propedeutica alla seconda fase, eventuale, davanti al giudice del lavoro e tende ad evitare l’ingorgo giudiziale e allo stesso tempo a fornire una tutela adeguata al lavoratore. Solo dopo aver esperito questa fase, se le parti non accettano la proposta del conciliatore, si può passare alla fase giudiziale vera e propria.

Il ricorso deve essere presentato al giudice del lavoro e il processo che ne segue non prevede le regole generali, ma ha una procedura specifica dettata dal legislatore proprio per la materia in oggetto ed è per questo motivo che occorre farsi assistere da un legale in diritto del lavoro.
La procedura prevede che ci sia un’inversione dell’onere probatorio, ovvero per facilitare la tutela del dipendente che nel rapporto di lavoro è considerato parte debole, il legislatore ha lasciato al lavoratore l’obbligo di dimostrare in giudizio solo l’esistenza del rapporto di lavoro ed il licenziamento (prova non certo diabolica!) mentre spetta al datore di lavoro dimostrare che il licenziamento è avvenuto per giustificato motivo o giusta causa.
La riforma Fornero (legge 92 del 2012 che modifica lo statuto dei lavoratori, legge 300 del 1970) ha fortemente modificato la disciplina del licenziamento ingiusto e ha limitato lo spazio a disposizione del lavoratore per difendersi, ecco le principali novità con relativo residuo potere di intervento del giudice in materia.

In caso di licenziamento ingiusto dobbiamo ora distinguere diverse ipotesi e le stesse hanno una diversa conseguenza. Se si stratta di licenziamento discriminatorio ovvero basato su opinioni politiche, religiose, razza o sesso, il giudice dichiarerà nullo il licenziamento edisporrà il reintegro del lavoratore nel posto di lavoro e potrà essere riconosciuto il diritto al risarcimento e ciò a prescindere dal numero di lavoratori dipendenti.
Nel caso invece di licenziamento per giusta causa rivelatosi però illegittimo perché il fatto contestato non sussiste o non poteva essere punito con il licenziamento, il giudice può reintegrare il lavoratore nel suo posto se si tratta di un’azienda con più di 15 lavoratori o 5 lavoratori nel caso di azienda di tipo agricolo. Può inoltre disporre la condanna al risarcimento danni il cui ammontare può arrivare alla cifra corrispondente a 12 mensilità.

Nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ovvero nel caso in cui il datore di lavoro motivi il licenziamento con problemi economici dell’azienda, se il giudice ritiene che il licenziamento è illegittimo, non potrà condannare il datore a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro, ma dovrà pronunciare l’illegittimità dello stesso e condannare il datore di lavoro al risarcimento in forma pecuniaria per un ammontare massimo corrispondente a 24 mensilità. Il datore di lavoro può comunque procedere al reintegro.
Queste in sintesi le conseguenze in caso di licenziamento illegittimo dopo la Riforma Fornero.

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