L’obbligo di repechage si estende anche alle società del gruppo?
Una sentenza della corte di cassazione del 13 novembre 2018, la numero 29179, ha affrontato la questione dell’obbligo di repechace in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Si tratta in particolare di quell’obbligo che ricade sul datore di lavoro di individuare ipotesi di ricollocazione del dipendente prima di procedere al suo licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
La massima espressa dalla corte di cassazione è stata la seguente: “il collegamento economico – funzionale tra imprese gestite da società appartenenti ad un medesimo gruppo non comporta il venir meno dell’autonomia delle singole società, dotate di personalità giuridica distinta e alle quali, quindi, continuano a far capo i rapporti di lavoro del personale in servizio presso le diverse imprese. Pertanto, dall’esclusione della configurabilità di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro, discende l’insussistenza di un obbligo di repechage in capo alle altre società del gruppo”.
In buona sostanza, quindi, la suprema corte ha affermato che non sussiste un obbligo di tentare il repeschage del dipendente in altra società del gruppo prima di procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, salvo che tra le diverse società si possa indentificare una unicità.
La questione, quindi, si deve spostare verso la valutazione di un’unicità del centro di imputazione del rapporto.
Tradizionalmente la giurisprudenza utilizza alcuni criteri per arrivare a sostenere che tra diverse imprese si possa ravvedere un unico centro di imputazione del rapporto: si tratta della complementarietà delle attività, dell’utilizzo promiscuo di dipendenti, dell’utilizzo promiscuo di risorse e asset.
Ebbene, solo in queste ultime ipotesi si può ritenere sussistente un obbligo di provare a ricollocare il dipendente in altre imprese del gruppo prima di procedere con il licenziamento per ragioni oggettive.